STUDIO E SPORT: DUE STRADE IN PARALLELO
Pluricampione italiano su strada (cronometro)
Videoconferenza con Marco Pinotti, il plurilaureato campione italiano a cronometro
Marco Pinotti nasce a Osio Sotto (BG), il 25 febbraio 1976. Divenuto ciclista professionista nel 1999 con la Lampre, si è specializzato nelle corse a cronometro su strada, ha gareggiato nelle maggiori competizioni nazionali ed internazionali accumulando così un ricco palmarès, tra cui si ricordano: 1° classificato campionato italiano a cronometro nel 2005, secondo classificato nel 2007, ma poi, a causa della positività del vincitore, gli è stata assegnata la maglia tricolore, 1°classificato nel campionato italiano del 2008 e 2009 e 5° al campionato del mondo, specialità cronometro nel 2009. Dal 2007 corre nelle file del team Columbia High Road, squadra statunitense diretta da Rolf Aldag e Bob Stapleton, nota in precedenza come T- Mobile Team.
Cappello intervista
È uno dei pochi ciclisti laureati, (ha una laurea in ingegneria), membro dell’Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani. Sostenitore del doping ecologico, si batte da anni per diffondere tra i giovani la consapevolezza dello sport pulito, quale scelta coraggiosa e dignitosa contro l’inseguimento insano dei soldi ad ogni costo e in modo illecito: “Fare sport è stare bene e la bicicletta è uno degli strumenti sportivi più sani, per cui non serve ricorrere a droghe o farmaci ”.
In occasione del 1° G.P. Sac. Giò Bosco di ciclismo (gimkana, cronometro e ciclocross) svoltosi presso il Centro Salesiano di Arese (MI), noi alunni della Scuola Media S. Pellico da Vinci – Sezione Sperimentale, ci siamo avvicinati al mondo del ciclismo e abbiamo conosciuto il laureato e campione italiano a cronometro, Marco Pinotti, amico del nostro Salesiano ed educatore Stefano Maria Stagni. Conoscerlo è stata un’esperienza emozionante ed ha aumentato in noi la curiosità per uno sport tanto sottovalutato dai ragazzi e non solo da essi, perché si soffermano sulla fatica, sui sacrifici, sui guadagni minori rispetto ad altre discipline, senza coglierne la vera essenza e gioia.
L’intervista
Come è nata in te la passione per il ciclismo?
A 16 anni, all’epoca del liceo, grazie ad un mio compagno di classe che si era comprato una bicicletta da corsa: un giorno, infatti, dopo i compiti uscimmo in bici e ci affrontammo lungo le vie di campagna in una corsa mozzafiato. Fu allora che lui mi disse sorridendo: “Sai, potresti correre in bici, tu vai forte”. Così, per gioco e per amore del contatto con la natura, comperai in seguito la mia prima bici da corsa usata e non ho più abbandonato i pedali.
La bravura di un ciclista su cosa si basa?
Essenzialmente il ciclismo è uno sport di resistenza fisica e mentale, richiede sacrificio ed impegno quotidiano. Ovviamente, prima di una buona bici, di un casco ed un completo aerodinamico, conta molto la capacità del singolo corridore: infatti, vi sono ciclisti più pesanti che hanno maggiore potenza in volata e poi corridori più leggeri che vanno forte in salita.
Per molti ragazzi il ciclismo è uno sport poco interessante, durissimo e sottopagato. Come si potrebbe farlo conoscere ed amare di più?
Si, il ciclismo, rispetto ad altri sport (tipo il calcio), è messo in secondo piano dai ragazzi. Invece, non va dimenticato che la bicicletta è il primo strumento per un bambino e ragazzo di uscire dai suoi confini… pedalare trasmette quel senso di libertà, di ebbrezza, ti immerge nella natura e ti pone dinnanzi al superamento di limiti fisici, nonché di pensiero. Tutto ciò va detto ai giovani e sono importanti le testimonianze di chi, come me, ha fatto della sua passione per i pedali una professione responsabile che paga molto più di un compenso o di una pagina patinata.
Sei campione nello sport e nello studio: cosa ti senti di dire a chi ha la nostra età e sottovaluta la scuola?
Io ho sempre avuto la fortuna di poter studiare: molti corridori si dedicano solo alla bicicletta come fosse un divertimento da cavalcare finché si vince e poi, quando non ci sono più vittorie si trovano a fare i conti con la dura realtà. Alcuni, messa da parte la bici, ritornano a 20 anni o più sui banchi di scuola, ma non è facile farlo. Lo Sport e lo studio sono due fasi della crescita di un giovane che non possono essere trascurate e la scuola rappresenta un’esperienza di vita indispensabile per tutto ciò che viene dopo, e non farla significa poi essere penalizzati in tante situazioni.
Nella tua carriera, qual è stato il momento più duro? Hai mai pensato di rinunciare al ciclismo?
Prima di diventare professionista, c’è stato un momento in cui non riuscivo più a conciliare l’università e gli allenamenti, così ho dovuto fare una scelta importantissima che mi ha permesso di diventare poi il ciclista di oggi. Infatti, ho messo da parte la bici e mi sono dedicato con tutto me stesso agli esami, conquistando così il mio titolo di studio e poi con lo stesso ardore ho ricominciato a correre. Nella vita, occorre fare scelte importanti valutando bene ciò che comportano per il nostro futuro
Il doping è la macchia nera dello sport, la lebbra dei valori, la scorciatoia dei codardi e bugiardi. Come è possibile che si raggirino ancora i controlli?
Molti credono di essere furbi, ma non si sa mai quando arrivano i controlli. Alcuni corridori rischiano perché non hanno altre possibilità, non hanno titoli di studio e sono costretti a barare così pesantemente. Ecco perché, come dicevo prima, è importante andare a scuola, creando così alternative per quando non ci saranno più vittorie.
Tu sei diventato il sostenitore del doping ecologico. Parlaci di questa tua scelta.
Farsi sostenitori del Doping ecologico, significa far passare un messaggio importantissimo: fare sport è stare bene e la bicicletta è uno degli strumenti sportivi più sani. Chi decide di praticare uno sport, sceglie di stare bene, per questo non servono farmaci e droghe che diventano vere armi dagli effetti collaterali. Occorre stare sani.