Prandelli: intervista al testimonial de La partita educativa nello sport
La partita educativa nello sport ha ottenuto un grande risultato ricevendo il sostegno di un nome di spicco dello sport italiano: Cesare Prandelli. Il Commissario Tecnico della Nazionale italiana di calcio è il Testimonial della nostra campagna!
Lo abbiamo raggiunto e intervistato nelle scorse settimane: con grande disponibilità, il CT ha risposto ad alcune nostre domande sul ruolo educativo dello sport nella sua esperienza atletica. Riportiamo con piacere sul nostro sito le sue parole.
Intervista a Cesare Prandelli:
Utilizzando l’espressione “sport educativo” intendiamo evidenziare le potenzialità educative insite nello sport, ma soprattutto rimarcare la necessità che tutti gli operatori dello sport (atleti, tecnici, genitori, media…) abbiano innanzi tutto rispetto e cura della dignità di ogni atleta. Cosa ne pensa? Quali sono le sue esperienze a tal proposito?
(CP) “Lo sport non è la soluzione ai problemi educativi o sociali, ma può essere uno strumento attraverso il quale possono essere veicolati determinati valori che sono parte essenziale della competizione e pratica sportiva: lealtà, abnegazione, voglia di stare insieme e benessere psicofisico. Questo mi ha insegnato lo sport, questi sono i principi che debbono animare ciascuno sportivo, a prescindere dalla disciplina praticata”.
Nel suo modo di gestire situazioni delicate con gli atleti si notano confortanti doti di educatore: fermezza di decisione, capacità di relazione, chiarezza nelle posizioni, fiducia nelle persone. Cosa la spinge a comportarsi in questo modo?
(CP) “Il buon senso. Sapere ascoltare l’altro è una virtù che ciascuno individuo possiede e che chiunque si trovi a gestire risorse umane, come una squadra di calcio o degli atleti individuali ad esempio, dovrebbe praticare con costanza e umiltà. Se non ascolti non sei padrone delle situazioni e trovare quindi delle soluzioni utili diventa se non impossibile veramente complicato”.
Nello sport spesso si respira aria di violenza, inganno, sfruttamento, individualismo: l’opposto di quello che ci si aspetta dallo sport. Secondo lei è possibile la “partita educativa nello sport”? Se sì, a quali condizioni?
(CP) “Non solo è possibile, ma è fondamentale perseguirla con efficacia secondo i principi che ne costituiscono la base. Chi si rende protagonista di episodi di violenza nella maggior parte dei casi non è uno sportivo praticante; l’individualismo, lo sfruttamento fanno parte della vita, non sono nati con il calcio: è proprio attraverso lo sport che possiamo prevenire e in molti casi governare fenomeni e comportamenti del genere”.
Lei, da genitore, cosa desidera che ricevano fanciulli, ragazzi e giovani dallo sport?
(CP) “L’educazione al benessere psico-fisico, al piacere di stare insieme agli altri e ad affrontare le difficoltà della vita con maggiore consapevolezza”.
Ci sono allenatori che come consiglio agli atleti che entrano in campo dicono: “Divertiti!”. Cosa ne pensa? È un consiglio che si addice alla serietà della competizione, a qualsiasi livello essa sia?
(CP) “Non è un consiglio, è la via per avere un approccio positivo allo sport e alla competizione”.
A Cesare Prandelli va il nostro ringraziamento a nome di tante famiglie, ragazzi e giovani, che da questa azione ne trarranno vantaggio, se non altro nel non sentirsi come “mosche bianche” in un contesto che sembra abbia perso il senso e il giusto equilibrio nel vivere lo sport guardando al futuro delle giovani generazioni.
Don Claudio Belfiore