Bernabò: sostegno e condivisione nel Rugby

Circa una trentina di ragazzi e ragazze, atleti delle squadre scolastiche dei Salesiani o militanti in società rugbystiche in diverse categorie e in qualche modo legati agli ambienti educativi di don Bosco, hanno avuto l’opportunità, dopo il primo test match per la Nazionale italiana contro l’Australia, di incontrare e confrontarsi con Valerio Bernabò, giocatore dell’Italia che, nonostante il risultato non positivo della partita (20 a 50 per l’Australia), ha accolto i ragazzi rispondendo ad alcune domande che avevano preparato.

Quanto conta il tifo per atleti del vostro livello e soprattutto in partite non facili o quando i risultati non sono quelli che ci si aspettava, un po’ come oggi?

Il tifo è sempre fondamentale soprattutto nel Rugby e quando gioca la Nazionale. Occasioni come oggi sono sfide grosse per noi e non deve mai mancare il supporto del pubblico. La parola “sostegno” voi che giocate la conoscete bene: ecco è fondamentale in campo per chi gioca, ma devono “fare sostegno” soprattutto i tifosi.

Come hai incominciato a giocare? A che età consigli di iniziare?

In casa mia si è sempre giocato a Rugby. Tutti l’hanno fatto, forse l’unico a non aver giocato è il cane. Quindi ho iniziato a giocare fin da subito, mi hanno messo una palla ovale in mano e via. Credo che l’età migliore per iniziare a giocare sia quando si è piccoli. Ormai ci sono possibilità di iniziare anche a sei anni. Ed è questa forse la più grande differenza rispetto a quando ho iniziato io: allora il Rugby era cosa semisconosciuta. Adesso sono troppo felice nel vedere che in molti iniziano per provare, trovano facilmente un posto, una società o degli amici con cui “buttarsi nella mischia” senza paure e vanno avanti. Io stesso alleno anche l’Under 12 del mio paese. È proprio bello e il nostro sport sarebbe da proporre in tutti gli ambienti educativi, scuole e oratori prima di tutto.

Quali sono i valori che hai imparato e vivi in campo e nello stesso tempo nella tua vita?

Oltre il “fare sostegno” come ho detto poco fa il valore più grande che si vive in campo e poi nella vita è quello dell’aiutarsi a vicenda. Si tratta di condividere le fatiche e le gioie, di aiutarsi reciprocamente in ogni momento. Possiamo parlare di solidarietà: bisogna avere un rapporto di questo tipo con i compagni in partita e fuori partita. Essere Rugbysti vuol dire saper condividere ogni cosa e qualsiasi momento.

I ragazzi che hanno incontrato Valerio Bernabò provenivano dal Centro Salesiano di Arese, dalla Scuola Media dell’Istituto Salesiano Sant’Ambrogio di Milano e alcuni di loro sono anche giocatori di società dell’hinterland milanese come il Rugby Rho, il Rugby Lainate e il Rugby Monza. L’incontro è stato possibile grazie all’accordo tra la Federazione e i Salesiani che da sempre credono nel valore educativo dello sport e non da poco hanno avviato parecchie attività in collaborazione con società rugbystiche in tutta Italia, con l’intento comune di creare occasioni di gioco vero in cui aiutare i ragazzi a crescere bene, come voleva don Bosco, fondando un ente apposito denominato “Salesiani per lo Sport”.

Al termine del breve incontro, i ragazzi hanno potuto anche incrociare altri atleti della Nazionale che si stavano recando a cena, tra cui Martin Castrogiovanni e Lorenzo Cittadini, e posare con loro per alcune foto ricordo, con le quali fare memoria che per arrivare così in alto c’è bisogno di lavorare sodo perché campioni non si nasce, ma si diventa. Soprattutto nel Rugby.

Luca Indraccolo, sdb (lindraccolo@salesiani.it)

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