Lo sport agonistico per disabili
Lo sport agonistico per disabili prende vita negli ospedali inglesi dopo la seconda guerra mondiale, seguiti, poi, da quelli americani.
Il merito va al neurochirurgo Sir Ludwig Guttman, direttore del National Spinal Injuries Centre di Stoke Mandeville (Aylesbury, Londra).
Nel 1944 Guttman aveva intuito che lo sport poteva essere usato come terapia vincente per promuovere la guarigione dei disabili provenienti dai campi di guerra e affetti da lesioni midollari, e così aprì un centro di riabilitazione motoria al fine di cercare di diminuire e, se possibile, abolire, le sofferenze che accompagnano il cammino di un mieloleso (piaghe da decubito, patologie urinarie, affezioni respiratorie, depressione psichica, etc…). Consapevole della importanza della collaborazione attiva del malato, unitamente alle cure mediche, nella prevenzione delle patologie secondarie all’handicap e della difficoltà ad acquisire tale collaborazione per la mancanza di motivazioni psichiche pressoché azzerate dall’handicap subìto e dalla grave disabilità fisica
(ostacolo al reinserimento nel campo del lavoro), andò alla ricerca di un contesto idoneo a ridestare gli stimoli del malato adeguandoli alla sua condizione fisica, proponendo nuovi interessi, inducendo una motivazione alla collaborazione del paziente e aiutarlo a riprendersi la vita. Tale contesto si rivelò essere quello sportivo. Cercò discipline e tecniche adattate all’handicap, studiò e realizzò programmi di allenamento per disabili, facendovi partecipare tutti i pazienti che si presentavano al suo Centro
Lo sport aiuta
I soggetti, aiutati da una grande motivazione, cominciarono a sviluppare la muscolatura delle braccia e delle spalle, raggiungendo rapidamente risultati superiori a quelli della normale chinesiterapia. Inoltre lo sport, aiutando ad acquisire equilibrio ed abilità motorie nell’uso della sedia a rotelle, consentì ai paraplegici di servirsene più efficacemente quale mezzo di locomozione, favorendo il loro inserimento nella normale vita associativa.
Fu per questo che Giovanni XXIII definì Guttman: “Il De Coubertin dei disabili”.
La prima disciplina riabilitativa da lui introdotta fu il tiro con l’arco e nel 1948 organizzò a Stoke Mandeville la prima competizione sportiva internazionale di tiro con l’arco fra paraplegici ospitati nel suo Istituto ed atleti olandesi afflitti dalla stessa sindrome.
Contemporaneamente negli Stati Uniti, con il particolare contributo del prof. Timothy J. Nugent, dell’Università dell’Illinois, si iniziò a studiare la possibilità di organizzare gare di pallacanestro su sedia a rotelle, e il primo Torneo Nazionale ebbe luogo a Galesburg (Illinois) nel 1949.
Nel 1960, in occasione della 17° edizione dei Giochi olimpici di Roma, si posero le basi di un regolamento dei futuri Giochi olimpici per disabili.
Ben presto disabili di altro genere (ciechi, cerebrolesi e soprattutto amputati) vollero associarsi ai paraplegici affetti da patologie del midollo spinale per partecipare a manifestazioni sportive che, ormai, si svolgono annualmente, e via via aperti ad altri sport, come il nuoto, la corsa, i lanci, il tiro con l’arco, la scherma, il tennis da tavolo, il tiro a segno, le bocce ed altri, con una sempre più ampia partecipazione internazionale.
Dopo le olimpiadi di Roma del 1960 le Paraolimpiadi (o Olimpiadi per disabili) si sono, dunque, regolarmente svolte nella stessa nazione dei Giochi olimpici: negli stessi impianti e strutture degli atleti non disabili, con una partecipazione via via crescente: a Roma, per esempio, nel 2000, parteciparono 23 paesi e 400 atleti; ad Atene, nel 2004, 146 paesi e 4300 atleti.
Gli atleti disabili sono suddivisi in diverse categorie a seconda dello stato fisico e della gravità del loro handicap: nell’atletica leggera, ad esempio, esiste la categoria non-vedenti, degli amputati, su sedia a rotelle; nella scherma, invece, tutti i concorrenti competono su sedie a rotelle. Vi è, poi, lo sport di squadra con particolari discipline ( per esempio il goalball) per non-vedenti.
Le discipline ufficiali ammesse alle Paralimpiadi sono atletica leggera, tiro con l’arco, pallacanestro, bocce, ciclismo, sport equestri, scherma, goalball, judo, calcio, tiro a segno, nuoto, tennistavolo, tennis, vela, rugby, pallavolo e pesistica e sci, alpino e nordico, hockey su ghiaccio, curling e biathon nelle Paralimpiadi invernali, inaugurate nel 1976. La moderna tecnologia ha aumentato il numero di sport accessibili ai disabili, migliorando inoltre le loro prestazioni atletiche.
In Italia il “Padre” della Sport Terapia e del paralimpismo è stato il dottor Antonio Maglio, scomparso a Roma il 7 gennaio del 1988.
Sempre crescente è la tendenza a competizioni integrate tra atleti sani con quelli affetti da un handicap, perché lo sport per disabili non venga ghettizzato, e possa essere per il disabile un’occasione di incontro con il normodotato.
Maria Teresa Lo Bianco