Lo sport è veramente “per tutte”? Il Qatar cede alle donne!

Il Comitato Olimpico del Qatar ha preso, qualche giorno fa, una decisione che cambierà la storia di questo Paese: far partecipare alle prossime Olimpiadi estive di Londra due atlete in due diverse discipline sportive, la nuotatrice Nada Arkaji e la sprinter Noor al-Maliki.

Le due sportive si sono già distinte in altre grandi competizioni come per al-Maliki che è stata vincitrice di due medaglie d’oro ai Giochi arabi e per questo eletta atleta dell’anno nel suo Paese.

E forse queste atlete non rimarranno le sole. Il Segretario Generale del Comitato, lo sceicco Saoud bin Abdulrahman, ha dichiarato che la rappresentativa potrà accrescere, fino a luglio prossimo, di altre due atlete arrivando così ad un totale di quattro donne, durante una conferenza stampa in cui si è parlato del dossier della candidatura di Doha a sede dei Giochi del 2020. Le atlete del Qatar avevano già avuto la loro “vittoria” nel 2010 quando sono riuscite a partecipare in più di 50 ai Giochi Asiatici e poter quindi formare una vera squadra ed allenarsi per poter sperare nelle Olimpiadi.

Una svolta per questo Paese, che insieme al Brunei e all’Arabia Saudita, sono sempre stati contrari per religione e tradizione culturale a far partecipare le donne alle Olimpiadi, limitando le loro prestazioni sportive.

Se per il Brunei la difficoltà di far entrare nella squadra olimpica delle donne è dipeso anche dalla scarsa popolazione presente in questo Stato (solo 400 mila abitanti), per l’Arabia Saudita, terra d’origine di Maometto, più conservatrice e maschilista, inizia a vedersi qualche spiraglio di luce.

A novembre scorso, sarebbe stata presa una decisione epocale per questo Paese: la possibilità di far partecipare la campionessa di equitazione Dalma Rushdi Malhas ai Giochi del 2012.

Le donne nello Sport

La Malhas si era già distinta nel suo Paese sia a livello nazionale che internazionale, conquistando una medaglia di bronzo nel 2010 ai Giochi Olimpici giovanili di Singapore ed ora potrebbe essere l’esempio di apertura di quelle barriere che tanto contraddistinguono l’Occidente dall’Oriente.

La campionessa di equitazione, in questo, è “figlia d’arte“, già la madre Arwa Mutabagani, nella primavera del 2008 diventò la prima donna a ricoprire una carica dirigenziale in Arabia Saudita, diventando membro della Federazione di equitazione: prese parte alla delegazione per le Olimpiadi di Pechino, diventando la prima donna a rappresentare il Paese dal debutto olimpico ai Giochi di Monaco di Baviera nel 1972.

Ma forse questo non è bastato: l’Arabia, per ora, ha deciso di non portare comunque alcuna donna ai Giochi londinesi.

Ed è scattata così qualche giorno fa la denuncia da parte della Humans Right Watch, Associazione internazionale che si occupa di diritti umani, tramite il New York Times, di costringere il CIO ad intervenire per far cessare la discriminazione delle donne negli sport e nell’educazione fisica in Arabia Saudita, ragazze ostacolate nella pratica sportiva già a scuola fino a un “blocco” per le donne nello sport ad alto livello.

Secondo l’organizzazione, la delegazione saudita dovrebbe essere esclusa dalle prossime Olimpiadi di Londra se non includerà tra le sue fila almeno un’atleta donna. “Il CIO dovrebbe ricordarsi che l’Arabia Saudita è un’anomalia nella comunità sportiva internazionale, e quest’anomalia compromette l’intero mondo dello Sport”, ha dichiarato Christoph Wilcker, ricercatore per il medio oriente di Human Rights Watch, sottolineando appunto il valore universale dello sport aperto a tutti e a tutte.

Dal suo canto il CIO, tramite le dichiarazioni di Emmanuelle Moreau, non costringerà l’Arabia Saudita a convocare una donna per le Olimpiadi perché “per partecipare alla manifestazione bisogna guadagnarsi prima di tutto il diritto a parteciparvi. Il CIO non dà ultimatum a nessuno, né tantomeno delle scadenze. In compenso il Comitato Olimpico è convinto che si può ottenere molto attraverso il dialogo“.

Ed è quello che ci auguriamo anche noi: che il dialogo porti a far comprendere che lo sport è un valore per lo sviluppo dell’uomo quanto per la donna, sia fisico che mentale, che permette il miglioramento dell’umore e dell’autostima e che rende più “liberi” e consapevoli del rispetto dell’altro.

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