Sport educativo – Giovanni Paolo II (omelia giubileo dello sportivo, 29 ottobre 2000)
«Grande importanza assume oggi la pratica sportiva, perché può favorire l’affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l’amicizia, la condivisione, la solidarietà. E proprio per tale motivo, in questi ultimi anni essa è andata sempre più sviluppandosi come uno dei fenomeni tipici della modernità, quasi un “segno dei tempi” capace di interpretare nuove esigenze e nuove attese dell’umanità. Lo sport si è diffuso in ogni angolo del mondo, superando diversità di culture e di nazioni.
Le potenzialità educative e spirituali dello sport devono rendere i credenti e gli uomini di buona volontà uniti e decisi nel contrastare ogni aspetto deviante che vi si potesse insinuare, riconoscendovi un fenomeno contrario allo sviluppo pieno della persona e alla sua gioia di vivere. È necessaria ogni cura per la salvaguardia del corpo umano da ogni attentato alla sua integrità, da ogni sfruttamento, da ogni idolatria».
La sfida educativa (tratto dal documento ecclesiale “Sport e vita cristiana” n. 30)
«In genere alla pratica sportiva professionistica, anche molto precoce, raramente viene riconosciuto quel compito formativo che invece è attribuito allo sport dilettantistico delle associazioni. Una simile impostazione è errata. Infatti l’aspetto pedagogico dell’attività sportiva e la sua ricchezza di valori non devono andare smarriti con l’emergere della esigenza di spettacolarità, l’accendersi del confronto agonistico e il premere dell’interesse economico: anche le attività sportive altamente competitive possono e devono mantenere ben chiaro il riferimento irrinunciabile alla crescita della persona, sia di chi pratica, sia di chi partecipa da spettatore, a partire dal rispetto dell’identità biologica e psicologica, per comprendere le istanze di valori e le esigenze morali che vi sono coinvolte, fino all’impatto sui fruitori e sui sostenitori. La valenza educativa, infatti, pur essendo legata principalmente allo sport praticato, si fa esigente anche nello sport passivo: anche in esso incidono, e non poco, l’immagine, il modello di riferimento, il “campione”, con il suo atteggiamento e il suo comportamento, sia in campo che nella vita».
Palestra di virtù (tratto dal documento ecclesiale “Sport e vita cristiana” n. 33)
«La pratica sportiva appare come luogo propizio per la coltivazione e lo sviluppo delle qualità proprie dell’esistenza cristiana, oggi non facilmente riscontrabili in altri contesti vitali. Il progetto formativo cristiano non si sovrappone alla pratica sportiva, né la accoglie acriticamente: ne riconosce e ne esalta, piuttosto, la capacità pedagogica, inserendola nell’orizzonte della fede e della concezione globale della persona umana che da essa consegue.
«Lo sport – diceva Giovanni XXIII – ha ancora nella vostra vita un valore di primo ordine per l’esercizio delle virtù. […] Anche nello sport, infatti, possono trovare sviluppo le vere e forti virtù cristiane, che la grazia di Dio rende poi stabili e fruttuose» (GIOVANNI XXIII, Discorso per il VI Congresso Nazionale del Centro Sportivo Italiano e per il XIII Congresso Nazionale Cronometristi, 26.4.1959).
Così, la disciplina sportiva appare particolarmente idonea a generare e irrobustire alcune virtù umane e cristiane, come l’obbedienza e l’umiltà, intese non certo come rinuncia ripiegata e passiva, ma come alta espressione di quella forza interiore di cui parla l’apostolo Paolo (cf. 1 Corinti 9,25.27). Il gioco di squadra, a sua volta, insegna i limiti e i rischi della competizione personale, come pure si apre – se ben orientato e condotto – a vere forme di altruismo, all’amore di fraternità, al rispetto reciproco, alla magnanimità, al perdono. Le stesse leggi del rendimento fisico, se non assolutizzate, preparano il terreno favorevole al dominio di se stessi, alla modestia, alla temperanza, alla prudenza e alla fortezza».
Le beatitudini (Luigi Guglielmoni)
Beati quelli che si ricorderanno che lo sport è pur sempre un gioco: sapranno sorridere di se stessi.
Beati quelli che, per lo sport, non sacrificano tutto e tutti: saranno veramente liberi.
Beati quelli che sanno applaudire il vincitore, dopo aver lottato con impegno: saranno operatori di pace.
Beati quelli che non si ritengono indispensabili: saranno più accolti dagli altri.
Beati gli operatori dello sport rispettosi della crescita umana e cristiana degli atleti: saranno costruttori di persone autentiche.
Beati quelli che fanno divertire onestamente gli altri: Dio li renderà felici.