Un sogno che fa sognare

La Chiesa Cattolica, per specifica vocazione è impegnata nella formazione dell’uomo “tutto intero”, nella sua sensibilità pastorale si fa proposta e risposta anche alle esperienze formative nel campo dello sport, e l’Autore ne offre una sintesi nella sua qualità di incaricato Regionale del Lazio per il “Tempo Libero, Turismo e Sport”.

Lo sport, nell’ampiezza delle sue dimensioni formative, abbraccia uno spettro ampio di problemi e di attori a ciascuno dei quali la Chiesa offre progetti e proposte, sia per le proprie Parrocchie che per le associazioni sportive di ispirazione cristiana. Sogna collaborazione con tutti tutti, sogna amicizia e rispetto reciproco nelle diversità; sogna generosità e disponibilità non solo al dialogo, ma allo scambio ed alla compartecipazione proprio perché uniti dallo stesso fine, ovvero: il bene dei giovani e delle loro anime che il Signore ci ha affidato.

La Chiesa sogna

La Chiesa sogna che i dirigenti, gli allenatori, gli animatori e gli sportivi tutti, non dimentichino mai che gli sportivi hanno un’anima, la quale, unita al corpo, deve sempre allenarsi contro il male e vincere la battaglia della vita.

La Chiesa sogna che i dirigenti, gli animatori, gli allenatori e gli sportivi cristiani, diventino Missionari del Vangelo nello Sport, ovvero abbiano la grande capacità di vivere lo sport come ambito privilegiato della loro testimonianza cristiana con generosa creatività.

Una missionarietà che per le organizzazione di ispirazione cattolica significhi anche, aprire i propri orizzonti e proporre il proprio stile ed i propri valori ad altre società che desiderano dare dignità e carattere di formazione alla propria attività sportiva.

La Chiesa sogna, infine, che ogni atleta in Parrocchia e nelle Associazioni sportive, sia riconosciuto come un fratello e come tale sia trattato.

E’ un fratello che, spesso, ha ancora nella mente i mille, insignificanti, schiamazzi del mondo.

Un fratello che ha ancora negli occhi le ore passate guardando i molti, poco educativi programmi TV, mangiando merendine e dialogando e confrontandosi in modo solitario con i video giochi.

Un fratello che ogni momento in TV ascolta rumori e venti di guerra, grida silenziose di bambini affamati, tuoni ed esplosioni che egli reputa, però, così lontani, tanto da non riguardarlo.

Un fratello che non sa più riconoscere se stesso e le sue radici davanti allo specchio della storia e non sa più rispondere alle basilari domande: Chi sei? Da dove vieni? Dove vai?.

Un fratello che sente in sé il desiderio di amore eterno, ma che si accontenta del suo peggiore surrogato in una manciata di minuti.

Un fratello che vorrebbe essere un eroe, ma che alla fine vive una vita di mediocrità.

Questo è il fratello che abbiamo accanto e questo è il prodotto del mondo e dei suoi falsi miti ed eroi.

Credo profondamente che un sano sport sia la via maestra per riportare equilibrio, valori, fraternità, amicizia e pace nella vita e nella storia di ogni uomo, in modo particolare dei giovani.

Lo sport può dar vita ad una nuova umanità, e se parliamo di umanità, non possiamo dimenticare i tanti fratelli disabili che praticano lo sport. Loro sono i “normali” in quanto vivono lo sport con purezza di sentimenti e di azioni, ricercando solo il valore della gioia e della reciproca amicizia e non l’agonismo e le rivalità esasperate.

Sono consapevoli che più di tanto non possono fare, ma danno ugualmente tutto ed anche al di sopra delle proprie possibilità; non scendono a compromessi e non modificano se stessi per migliorare le prestazioni sportive. Sorridono sempre ed esultano di gioia in modo naturale e spontaneo, non ricorrono ad artifizi gestuali e pubblicitari per “vendere” meglio la loro conquista.

Loro, “i normali”, si fanno guidare docilmente e si fidano dei loro istruttori e si mettono nelle loro mani senza riserve, non confidano su se stessi o sulla presunzione, spesso arrogante, di essere dei grandi o degli innovatori rivoluzionari.

La gioia di questo tipo di sportivo contagia, la limpidezza ti tocca nel più profondo e le emozioni che suscitano nel cuore di chi vive questi momenti con loro sono indelebili.

Credo che il messaggio che ne deriva sia chiaro, ma desidero renderlo ancora più evidente: lo sport nella Parrocchia e nella stessa vita della Chiesa può essere una via maestra da percorrere per innestare nuovamente, nel cuore dell’uomo di oggi, valori, principi di vita e fede.

La fraternità sarà compagna di viaggio per chi attuerà questo sogno e desiderio.

Mario Pieracci
tratto da www.conoscereperessere.it

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